venerdì 6 giugno 2014

Biscuits

Morite tutti male. 
Tutti, non sapete far altro che urlare contro ad una povero diamante a pezzi.
Urlate tutti, e urlate uno sull'altro per far prevalere la vostra idea, le vostre ragioni e per far passare il vostro torto in ragione.
Io non ci parlo con voi, io mi chiudo in camera e chiudo gli occhi e spero nella fine.
Perché voi le persone non le sapete amare, sapete solo sfruttarle fino all'osso, le usate come stracci e come riempitivo quando non avete nessun'altro.
E io sempre questo sono, lo straccio riempitivo che assorbe tutto.
E poi rimane vuoto di se stesso.
Morite tutti male.

Madre, che mi urli da quando ho memoria, quando mi strizzi gli occhi mentre la fame mi assale e cerco qualcosa di commestibile nella dispensa vuota. Quando mi distruggi con i tuoi commenti, con le tue idee sbagliate da persona analfabeta, ignorante e di mentalità chiusa. Che hai dimenticato che le persone vanno amate. E non annientate.

Il mio ragazzo, che non capisce le mie condizioni. Lui che non conosce la vita che sto facendo e la ignora pretendendo quel poco che ho, strappando dalle mani anche l’ultimo pezzo di vita che da anni provo a mantenermi. Lui non lo sa cosa significa vivere nell’odio, crescere nella parte oscura del mondo avendo paura della luce del sole. Non sa cosa significa non saper vivere.

Grazie per il poco cibo e il resto. Camperò di parole scritte con la matita sull'ultimo foglio giallastro che mi rimane.
Peace.

Se avete dei biscotti in più e non li volete …  
sono bene accetti. 



domenica 30 marzo 2014

Clinamen.

La mia è sempre stata una famiglia senza autodeterminazione.

Uno di quei lunghi cliché senza arte ne parte che mi straziarono l'adolescenza costringendomi a vivere segregata in quelle quattro mura anche quando fuori c'era uno di quei soli caldi e accoglienti. Purtroppo vivevamo lontano da qualsiasi punto d'accesso sociale e questo mi porto, in breve tempo a non avere amici e a vivere in solitudine con quella che, a poco a poco, è diventata la mia peggior nemica. L'altra me.
Per loro era facile, avevano creato così tanti problemi tra loro due che, naturalmente, passarono in eredità al quel povero feto che viveva legato ad un cordone ombelicale che cercava di tirare avanti nonostante il poco cibo e le ripetute botte e litigi. Diciamo che quando sono uscita le cose non sono poi migliorate. Da quel corpicino minuscolo e tutto un livido, nessuno si aspettava nulla. Malnutrito, maltrattato e che non poteva aspettarsi una vita migliore. Era piccolo e indifeso, e nei suoi occhi nessuno vide mai un pizzico di vera felicità. La scuola non lo guardava di buon occhio, non aveva nemmeno spazio per la genialità in un corpicino così misero, con gli occhi lucidi e le occhiaie scavate sul suo visino pallido pallido. Eppure andava avanti; e superava tutti quelli che si fermavano a deriderlo, come tutti i compagni di classe e le maestre. Andava vestito di stracci, con colori sgargianti e a volte un po' malridotti dai lavaggi sbagliati fatti dalla lavatrice. Aveva uno zaino troppo grande per lui, malformato dal peso dei libri e logorato dal tempo. La sua vita è un continuo di momentacci che "passeranno ne sono sicura"; un eterno angoletto della classe nel quale mangiare il suo panino con la cioccolata.

giovedì 27 marzo 2014

Guardami negli occhi e dimmi cosa vedi.

In questo periodo la mia vita ha uno di quei filtri sui toni biancastri, come quando gli occhiali si appannano perché avete respirato troppo profondamente. Allora mi tocca camminare più lentamente, in modo da non inciampare in qualche ostacolo che, piano piano, si articola sulla mia lastra presente. Il tempo in questo periodo è come me, alterna l'euforia del sole alle depresse serate della pioggia violenta e fredda. Anche io, con essa, mi abituo al tempo, cercando di regalare alle persone che amo almeno un sorriso al giorno; Uno di quei sorrisi e provvidenziale e serve sempre per far iniziare bene la giornata, gli altri arrivano via via a seconda di chi ho davanti o da chi, a sua volta, mi dona quella sincera brezza di ottimismo che mi spinge a mettere la parola "Buon" davanti a questo fatidico nuovo giorno.

Sono successe tante cose in questi giorni, ho conosciuto la nemesi della realtà che ho intorno, una nemesi che non mi sembra né cattiva né perfida e questo mi ha spinto a pensare. Se egli non fosse necessariamente il cattivo? Se il male fosse colui che giace con me e mi abbraccia quando ho freddo? Perché questa è la nemesi, quella faccia della medaglia un po' impolverata che non mostri mai alle persone, perché sì sa, si mostra sempore il meglio di ciò che si ha. Ma allora io che cos'ho? Se fosse il bene non avrei altre domande, l'immagine che ho di lui impressa sul cuore e stampata nelle retine degli occhi è la stessa che possiede lui nascosta in se, ma se fosse vero che non mi sia mai accorta di camminare con la mano stretta a quello che, per tanti anni, è stato il mio peggior incubo?

Eppure è così semplice amare il coltello che ci infilzava e che, ancora adesso, ha cambiato solo gli abiti e invece di corna rosse ha un aureola ed un vestitino bianco di moda? Forse quello che mi ha spaventato e che mi ha fatto male ormai è diventato parte di me, come solo un vaccino creato dalla malattia può combatterla; avranno fini diversi,ma l'origine è la stessa. Che sia questo abbracciare i propri nemici e inglobarli in se stessi, diventare il male che hai subito per non soffrirne più ma essere coscienti e razionali abbastanza per non fare gli stessi sbagli e infierire con il coltello appeno conquistato un'altra povera vittima che, in diversi archi di tempo, non farà altro che inglobarti e diventare parte di te, anzi, per poi te diventare una sua parte?
Questo siamo, un equilibrio stabile ta quel concetto assoluto di sbagliato e quel relativo bene che varia di istante in istante, da quando pensi a te stesso e al tuo futuro a quando poi hai sotto le tue ali la felicità di un altro cuore e quando, in uno di quei futuri sperati e a volte mai pensati che ti porteranno ad amare due persone indistintamente dall'ora in cui ti sveglierai e andrai a letto.

E poi beh, la soddisfazione sarà essere chiamata mamma. 

martedì 11 marzo 2014

A spada tratta.

E' tanto che non scrivo più. E' strano, riempo pagine e pagine del quaderno di fisica di storie e sogni, ma in questo mese ho avuto paura di aprire il blog; avevo il terrore di leggermi di nuovo.
Perché questo è il blog, il blog sono io, siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti gli incubi, e nonostante chiuda le mie paure nelle parole di questa pagina web, esse, anche se non me ne accorgo, restano in me, assillandomi all'improvviso dopo pochi istanti di quiete. Ma di cosa ho paura?
Di cosa ...
Magari lo sapessi.
Esistono tante cure alla paura, le vecchie civiltà realizzavano opere artistiche con tema la morte per esorcizzare le paure millenaristiche, io invece, nemmeno o perché la notte la passo a guardare il soffitto perché la notte e i pensieri mi spaventano.
Sarà quel brivido che sento lungo la schiena quando penso alla mia vita; quando mi guardo allo specchio e quello che vedo mi fa ribrezzo, mi prende la paura della mia immagine riflessa perché mostra quello che cerco di nascondere ai miei occhi; ma se fosse così... Io avrei paura di me stessa.
E come darmi torto? Una persona che sai uguale a te, ma che quando guardi traballa tra i tuoi standard e capisci che quel minimo di bellezza che credevi di avere, si dissolve come una bolla di sapone sotto il cielo candido della prima estate.

mercoledì 12 febbraio 2014

Grecia 2014

Nella mia vita tutto era una battaglia persa. Tutto quello che volevo o quello di cui avevo bisogno non c'era mai. Mia madre e mio padre mi rinfacciavano la mia nascita come se non l'avessero voluta, come se fosse stata colpa mia sempre, dal concepimento al parto. E dal parto alla morte non è migliorato nulla.


Mi chiedo ancora come tutti quei bambini si lamentassero delle loro famiglie, dei loro regali e delle loro feste. Io non avevo niente e mi stavo zitta, al massimo mi chiudevo in camera a piangere per tutte quelle cose che mi stavo perdendo. Tutte quelle belle famiglie in televisione che si amavano ed erano unite, io a malapena sapevo il nome di mia madre. All'inizio non capivo cosa avevo e cosa mi mancava, magari quei dannati giocattolini che hanno i bambini li ho sempre avuti, e forse anche tanti, ma piano piano mi rendevo conto che non mi interessavano e che giocavo solamente per non lasciarli da parte e per fare qualcosa.
I miei genitori non hanno mai capito cosa davvero ero e cosa davvero valevo, e piano piano l'ho dimenticato anche io. Ora come ora non ho passioni, non mi piace nulla e tutto quello che mi piace non si può più fare perché sono in ritardo di quasi 13 anni.

Forse ero troppo complicata per loro.

lunedì 10 febbraio 2014

Talmente viva

Non lo so cosa non vada in questo periodo, magari è proprio il periodo che va talmente di merda da non poter essere compensato con nulla. Sarà che mi manca un po' di spensieratezza che prima la mia testa sapeva darmi, ma adesso sento talmente tanto peso addosso che mi ritrovo con le mani in mano a sperare che qualcosa si metta apposto da sola, perché io ci ho già provato così tante volte per poi fallire rovinosamente. Aspetto qualche miracolo.

Passo buona parte della mia vita sui libri, le giornate sono scandite dalla sveglia al mattino, dalla campanella di uscita e dal suono della chat di facebook. Poi ho la playlist del mio blog, la suoneria del telefono, gli urli di mia madre, ma questi non sono altro che altri accidenti della mia stupida esistenza sul libro di matematica che mi odia e mi porta agli incubi ogni santo giorno. Eppure, nonostante tutto questo mi stia veramente rovinando la vita, devo starmene con la bocca chiusa a patirmi tutto quello che la vita ha in programma per me. Cazzo di vita di merda.

mercoledì 22 gennaio 2014

Prom with me for eternity

Mantieni la calma. Non è successo niente. Almeno per ora. E allora perché guardare al futuro, a un qualcosa che forse non succederà mai? Beh, perché un "mai" sipuò facilmente trasformare in un "domani". E adesso dimmi se la paura non ti pervade tutto.

L'ho chiamato panico, l'ho chiamata paura. Ma questo è un vero e proprio incubo e l'unica cosa che vorrei fare oggi è svegliarmi e farmi abbracciare dalla persona che amo. E invece in questo incubo non faccio altro che correre da alcune responsabilità che ancora non mi accingo ad affrontare. Vorrei che domani arrivasse presto, da togliere prima possibile e con un colpo netto come con un cerotto, l'altra medaglia vorrebbe infilarsi a letto e dormire per i prossimi 10 anni.